Quell’estate del 1986 con Margaux Hemingway a Porto Rotondo

03. Ottobre 2007

“It is the same old story (no love and glory!)”. Questa frase è contenuta in una cartolina postale che, l’altro giorno, mi sono ritrovata fra le mani. Ad inviarmela, nell’ottobre del 1986, era stata Margaux Hemingway, amica bella e sfortunata, che, quell’estate, aveva trascorso le sue vacanze ospite di Enrico Coveri, in una villa da lui presa in affitto a Porto Rotondo, nell’insenatura di Punta Volpe. La stessa villa, qualche tempo dopo, è stata acquistata da Veronica Lario Berlusconi che, a sua volta, qualche anno fa, ha venduto la grande casa, a pochi metri dal mare, al russo Roustam Tariko.

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Nel 1986 Margaux aveva 31 anni, una carriera di attrice e top-model già alle spalle. Invitata a Porto Rotondo da Enrico Coveri (geniale stilista, morto nel 1990), la nipote del grande scrittore Ernest Hemingway, arrivò preceduta dalla sua fama di donna splendida, protagonista del jet-set internazionale, ricercata nel mondo del cinema e in quello della moda.

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Margaux invece, spiazzò tutti. Era di una semplicità disarmante; sempre inquieta, a volte triste. Succedeva quando parlava delle sue storie d’amore fallite, dei chili che non riusciva a perdere, delle delusioni professionali e della solitudine da cui era ossessionata.

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Ma, dopo qualche giorno, recuperò un’allegria contagiosa riscoprendo l’amore per il mare, lo sport e il cibo sano. Mi ricordo le nuotate al largo di Punta Volpe; lei amava indossare, anche in acqua, una maglietta bianca. Una sera le presentai un avvocato romano, nostro amico e ospite a casa mia, a Porto Rotondo. Margaux e Roberto si piacevano anche se, entrambi, si portavano dietro ricordi, non smaltiti, di storie precedenti. Memorabile fu una trasferta-lampo da Porto Rotondo a Palma di Maiorca per una festa della De Beers.

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Avevano invitato Margaux come testimonial e lei chiese a me e a Roberto di accompagnarla. Ci disse che un aereo privato ci aspettava ad Olbia ma, arrivati al “Costa Smeralda”, ci trovammo davanti a un aeroplanino che sembrava un giocattolo tanto era piccolo. Roberto ed io volevamo tornare indietro ma Margaux ci convinse a salire, invitandoci “ad affogare la paura nello champagne “ che lei, previdente, aveva portato. Arrivammo a Palma di Maiorca in uno stato allegramente confusionale tanto che, di quella festa, non ricordo assolutamente nulla.

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Comunque ritornammo sani e salvi a Porto Rotondo e, a fine estate, Margaux partì in una forma sicuramente migliore di quando era arrivata. A ottobre ricevetti quella cartolina dove, tra l’altro, lei mi scriveva “Come and visit me”, cosa che, purtroppo, non ho mai fatto.

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Dieci anni dopo quella vacanza sarda, il 1 luglio 1996, a Santa Monica, in California, Margaux si è tolta la vita con una overdose di sedativi, esattamente nel trentacinquesimo anniversario del suicidio di suo nonno Ernest Hemingway. Margaux mi aveva parlato più volte di quel destino tragico che aveva unito il celebre nonno, il bisnonno Clarence, lo zio Leicester e la zia Ursula. Suoi incubi costanti erano la catena dei suicidi e le storie di alcolismo all’interno della famiglia Hemingway.

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Ad accompagnare la notizia della morte di Margaux, una specie di bollettino della disperazione, dove si ricordava il suo ricovero al Betty Ford Center nel 1988, la bancarotta del 1990 e un arido elenco dei cosiddetti “fattori di rischio”, comprendente l’alcolismo, l’epilessia e la bulimia. A me, di Margaux, morta senza amore e senza gloria, restano solo quella cartolina dell’ottobre 1986 e dei bellissimi ricordi.

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